Chirone, il paradosso della ferita

Melfi, lunedì 15 luglio 2024

Sono appassionato di psicologia jungiana. Sono appassionato di mitologia. Le due vanno a nozze.

Da piccolo, ero affascinato in particolare dalla figura di Chirone, il centauro maestro.

Carl Gustav Jung ha studiato Chirone, perché è un esempio di Guaritore, l’archetipo che cura e che insegna.

Chirone non è come gli altri centauri, rozzi e incolti, molesti e violenti. Chirone è un maestro e sa guarire: tutte le ferite, tranne la sua. La ferita incurabile che gli aveva fatto Ercole. Così Ercole lo ha reso immortale, ma eternamente sofferente.  

È così che viene fuori l’archetipo del Guaritore ferito: colui che sa curare gli altri facendo tesoro dei propri mali. Non può curare se stesso, ma aiuta chi lo viene a  cercare nella sua grotta.

Fuor di metafora: se ho sofferto, ho subito perdite, mali e sconfitte potrei acquisire la capacità di essere empatico e, soffrendo, soccorrere chi ne ha bisogno quanto me.

È questo il paradosso del guaritore, non a caso un uomo illustre disse un giorno, provocatoriamente: medice, cura te ipsum!

A parte l’automedicazione con cerotto o tachipirina ritengo impresa impossibile curare se stessi. Si ha bisogno del medico. Che sia un familiare, un professionista o un amico, è la mano tesa che ci tira fuori dal fango della sofferenza.

E infine, ecco il dono della ferita: sarò tanto più forte e saprò tanto più aiutare chi mi è accanto quanto imparerò a prendermi cura di me stesso e di ciò che mi fa male.

Francesco Verderosa