I cammini dei canti, songline

Oggi, nel viaggio di ritorno in treno, ripenso auna conversazione di ieri sera con delle belle persone incontrate al seminario a Lucca sull’intelligenza artificiale.

Parlando delle nostre rispettive passioni letterarie è venuta fuori un'espressione evocativa che avevo sepolta nella memoria.
Il concetto di "cammini dei canti" è stato introdotto dall'antropologo britannico Bruce Chatwin nel suo libro "The Songlines" (1987). 
Questa idea si basa sulle tradizioni degli aborigeni australiani, per i quali le "songlines" o "dreaming tracks" sono percorsi invisibili che attraversano il continente australiano, tracciati dai canti che narrano la creazione del mondo. 
Questi canti servono come mappe orali che guidano gli aborigeni attraverso il paesaggio, con ogni canzone legata a specifiche caratteristiche geografiche, eventi mitologici e antenati.

Facciamo un salto verso Nord Ovest: nelle antiche civiltà della Mezzaluna Fertile, come Sumeri, Babilonesi e Assiri, i miti e le leggende erano tramandati oralmente prima di essere fissati in forma scritta. Anche le loro narrazioni mitologiche spesso descrivevano viaggi epici di dei ed eroi che tracciavano le origini e le strutture del mondo. È per questo che molti avventurieri della fantarchologia vanno ancora alla ricerca dei resti dell'Arca di Noè.
Nella cultura greca e romana, poi, i poemi epici come l'Iliade e l'Odissea di Omero possono essere visti come un parallelo ai "cammini dei canti", poiché queste opere narravano storie di viaggio e avventura che erano intimamente legate al paesaggio e alla cultura dei loro tempi.
Schliemann ha ritrovato Troia grazie ai Canti dell'Iliade, qualcun altro cerca di spostare i luoghi dell'Odissea nel Baltico nella speranza di rintracciare l’origine settentrionale degli Achei.
Passiamo al Medioevo, sarebbe carino verificare se esistono tracce di canti dedicati ai i pellegrinaggi religiosi, come il Cammino di Santiago.
Senz'altro la letteratura odeporica e i racconti dei santi e dei martiri viaggiatori possono essere messi in analogia, ancorché forzata.
La Chanson de Roland, comunque, e io Cantare del Cid, descrivono luoghi puntuali e lì l'analogia con i canti/mappa è più stretta e pertinente 
In epoca moderna, i concetti di memoria culturale e geografia narrativa si sono evoluti, con autori e artisti che esplorano le intersezioni tra narrazione e spazio. Le opere di Chatwin sono un esempio di come le tradizioni indigene possano influenzare la comprensione occidentale del paesaggio e della narrazione.
Oggi in Europa, le tradizioni orali dei popoli indigeni europei, come i Sami, contengono elementi simili ai songlines. Sarebbe interessante indagare in tal senso le culture Rom, Sinti e Caminanti. Ma quelle, si sa, sono refrattarie ad ogni gabbia epistemologica.
Lasciamo stare, per incompetenza, le tradizioni orali africane: sappiamo ad ogni modo dei griot dell'Africa occidentale, che utilizzano i canti per narrare le storie delle loro comunità. Le residue Nazioni Native in America, come i Navajo, utilizzano canti cerimoniali per tracciare storie e connessioni con la terra.
2+2 fa infinito
Il concetto dei "cammini dei canti" è un esempio affascinante di come le culture diverse possano utilizzare la canzone e l'oralità per creare connessioni profonde con il paesaggio oltre che con la propria storia e civiltà. 
È un modo integrato di percepire il mondo e offre spunti profondi per comprendere come le storie e le canzoni possano fungere da guide culturali e spirituali attraverso il tempo e lo spazio.
TUAI
Verso Roma, sabato 13 luglio 2024
Francesco Verderosa