Nemici mortali nella guerra tra Roma e Cartagine

lunedì 2 agosto 2024
Scartabellando storie patrie le carte mi portano spesso in Puglia. Oggi leggo una storia accaduta nei pressi di Margherita di Savoia.
Sulla costa dell'Apulia sorgeva la città lagunare di Salapia. Lì, pare, Annibale ebbe una storia d'amore con una prostituta. Lì si affrontarono a colpi di astuzia due influenti cittadini: Dasio e Blazio.
La vicenda la raccontò Appiano di Alessandria che, ai tempi dell'Età Aurea dell'Impero Romano, scrisse una Storia Romana, Ῥωμαικά.
Durante la Seconda Guerra Punica, mentre Annibale occupava l'Italia, per un periodo ebbe come base Salapia. In questa città c'erano due uomini nobili, ricchi e potenti, ma nemici tra loro da molto tempo. Uno dei due, Dasio, era dalla parte dei Cartaginesi; l'altro, Blazio, stava con i Romani. 
Mentre gli affari di Annibale andavano bene, Blazio rimase tranquillo, ma quando i Romani cominciarono la riscossa, cominciò a sondare il campo per trovare un'intesa con il suo acerrimo nemico. Secondo la Storia Romana, Blazio voleva solo il bene della loro città, perché aveva paura che i Romani, se l'avessero preso Salapia con la forza, poi l'avrebbero distrutta.
Dasio, però, era fedele ai Cartaginesi: finse di essere d'accordo con Blazio, ma fece la spia.
La cosa finì in giudizio e il giudice era, guarda un po', Annibale.
Blazio si difese dicendo che Dazio lo aveva calunniato perché loro due erano stati da sempre nemici.
Annibale decise di allontanarli entrambi per riflettere sulla questione.
Però, mentre stavano uscendo Blazio provò a tornare alla carica con Dazio; abbassò la voce e gli sussurrò: "Caro mio, non vuoi proprio salvare la notra patria?"
A Dasio non parve vero: ripeté immediatamente le parole a voce alta, così che Annibale scoprisse le intenzioni del nemico. Ma Blazio ribaltò la situazione con un discorso astutissimo: era Dasio che si era inventato tutto, anche questa volta.
Proviamo a seguire il filo del discorso del cittadino filoromano. Assunse un atteggiamento pietoso e disse che quest'ultimo inganno lo avrebbe liberato da ogni sospetto rispetto alla precedente accusa. Quale stupido si sarebbe confidato in quel modo con un nemico giurato subito dopo un dibattimento così delicato. Se pure fosse stato imprudente una volta, cercando di convincere Dasio a tradire Annibale sarebbe stato un demente a provarci proprio durante il processo. Ergo Dasio era un falso accusatore ed erano due volte che ci provava.
"E infine, signori, anche se fossi davvero contro i Cartaginesi e dalla parte dei Romani sarei veramente stupido a dare ancora fiducia a uno che non è in grado di tenere un segreto. Perché dovrei chiedere l'aiuto di uno che non è in grado di darne?".
Frittata ribaltata.
Appiano è convinto che Blazio abbia di nuovo sussurrato di proposito quelle cose a Dasio perché aveva previsto l'evento, per screditarlo ancora di più e quindi indurre Annibale a non credere alle sue precedenti accuse.
Blazio, dopo essere stato assolto, non smise di provare a convincere, almeno così pareva, Dasio a cambiare partito.
Evidentemente lo disprezzava perché era completamente screditato e contava soprattutto sulla sua ingenuità.
Dasio, credendosi furbo, cadde nel tranello e finse di nuovo di essere d'accordo con il suo avversario amico dei Romani. Voleva capire il piano della rivolta per riferirlo ad Annibale.
Blazio così gli spiegò per filo e per segno il suo piano, peccato che fosse finto: "Cavalcherò fino a un accampamento romano". Dicendo così ne indicava uno molto lontano. "Il comandante di questo accampamento è un mio carissimo amico. Mi darà dei rinforzi e li porterò qui. Tu, nel frattempo resta qui e occupati degli affari in città".
Il piano vero era un altro: Blazio cavalcò a rotta di collo fino a Roma, mentre Dasio era ignaro di tutto.
L'amico dei Romani, come prova della sua fedeltà, diede addirittura il proprio figlio in ostaggio al Senato, che in cambio gli offrirono una truppa di mille cavalieri.
Dasio, nel frattempo, non vedendo il suo avversario per diversi giorni, pensava che stesse facendo come aveva detto. Poverino, si fidava.
Cavalcò verso Annibale, credendo di fare in tempo a tornare prima di Blazio.
"Ti consegnerò Blazio nell'atto stesso di portare una forza nemica in città", disse ad Annibale sicuro di sé.
Dasio era tranquillo, aveva fatto il suo dovere: aveva fatto la spia sul tradimento.
I Cartaginesi gli avevano affidato un contingente militare e con quello l'ingenuo Dasio, si affrettò a tornare a Salapia.
Non immaginava che Blazio fosse già lì. Infatti quello aveva sterminato la piccola guarnigione cartaginese nella città e impediva a chiunque di uscire. Aveva anche chiuso tutte le porte. Tutte tranne una, quella da cui si aspettava che Dasio entrasse al suo ritorno. Da quel lato aveva tolto anche le guardie dal muro per evitare che il concittadino si insospettisse. Però aveva preparato il terreno all'interno in modo che fosse intersecato da fossati così che una forza all'attacco non potesse farsi strada attraverso la città.
Dasio era felice quando vide le porte aperte. Pensava di avere anticipato Blazio ed entrò in città gioioso ed allegro.
Ma Blazio fece chiudere subito la porta alle sue spalle: Dasio e i suoi compagni morirono schiacciati in uno spazio stratto e non avendo modo di scappare. Non era possibile passare attraverso i fossati e solo alcuni di loro riuscirono a fuggire saltando dalle mura.
Blazio 3, Dasio 0. Blazio vince, Dasio muore. Annibale perde Salapia.