Peccato, è umano

Capo Vaticano, venerdì 2 agosto 2024

In dialogo con la Summa Theologiae di san Tommaso d'Aquino, dopo avervi cercato la parola "peccatum".

"Peccatum est dictum vel factum vel concupitum contra legem Dei." (Summa Theologiae, I-II, q. 71, a. 6)

Il mio peccato originale, invece, quello che si dice ai bambini quando fanno qualcosa di cattivo, è "Gesù piange!". Quando piange Gesù? Quando soffre. Eccolo il mio peccato: far soffrire gli altri. Creare sofferenza.

"Peccatum est quaedam inordinatio in actibus humanis vel interioribus vel exterioribus." (Summa Theologiae, I-II, q. 72, a. 1)

Concetto sottile, questo peccato teologico. Provo a mettere ordine. Il peccato è disordine e la ragione, con la legge divina, ripara al peccato, rimettendo le cose a posto: l'ordine è il contrario del peccato? Quindi se, come dice san Tommaso, il peccato è disordine e il Sommo Bene è sommo ordine, non dovremmo vivere, per non peccare. Vabbè sto scadendo nel sofismo. Ci riprovo: se vivo una vita disordinata sto facendo peccati, inseguendo beni che non sono il Bene, Dio. Quindi, se ho capito bene, peccato è vivere in modo irrazionale, disordinato, lontano da Dio. C'è qualcosa che mi torna. Anche secondo me, se ha senso parlare di peccato, fare peccato significa "non ragionare".

"Peccatum est inordinatio actionis humanae." (Summa Theologiae, I-II, q. 71, a. 6)

Dunque è il peccato che ci rende umani! Buono a sapersi. I nostri difetti, per me, sono ciò che ci identifica. Sono Francesco con i miei pregi e i miei difetti, le mie virtù e i miei vizi. Anche i santi peccano. Dio no. Se non peccassi sarei un dio, quindi non sarei reale, non vivrei sulla Terra. La mia volontà disordinata è bilanciata dalla ragione che continuamente prova e riprova a mettere le cose in ordine. L'equilibrio è dinamico: se faccio soffrire me o il prossimo mio ho peccato, secondo me. Poi ragiono, chiedo scusa o, ancora meglio, provo a rimediare. Sono dunque orgoglioso dei miei peccati, della mia umanità. 

"Per peccatum autem homo a Deo elongatur, qui est summum bonum." (Summa Theologiae, I-II, q. 71, a. 6)

Qui c'è proprio incompatibilità tra me e il teologo, per me il Sommo Bene, il fine ultimo è la vita, possibilmente lunga, sana e diretta verso il bene mio e comune, come dire, la felicità. Il mio fine ultimo non è Dio a meno che Dio non voglia dire felicità. Allora l'incompatibilità può trovare un punto di contatto: so che per i buoni cristiani la felicità eterna è la visione beatifica, stare presso Dio. Per me è la vita, sempre.
La vostra vita eterna potrebbe essere un'estensione infinita della mia vita lunga felice.
La mia vita non può, non voglio e non deve essere penitenza in cerca di Salvezza.
Dove sta il peccato? Nello sperimentare la vita, anche errando, o nel mortificare la vita nella speranza del paradiso?

"Omne peccatum est in Deum." (Summa Theologiae, I-II, q. 73, a. 1)

Sono quasi d'accordo, anche il mio peccato è "contro". Capisco che per il cristiano autentico è contro Dio. E le donne? E gli uomini? Le bambine e i bambini? Il peccato, per me, sta nel fare il male. Quindi non nell'essere contro Dio, ma nell'essere contro la vita.
Ora vado sul particolare: un peccato, sempre secondo me eh, sta nell'allontanarsi da chi mi è vicino, dal classico "chi mi vuole bene". Gesù ti vuole bene, dicono le maestre al catechismo. Dio è il Sommo Bene, se ho ben capito. Io mi accontento del qui e ora. Voglio bene, questa è una cosa buona. Se mi allontano da chi amo, ho fatto peccato, per me. Le persone care, amici e familiari, sono fonte immediata di felicità.

"Peccatum autem originale dicitur peccatum primi hominis, ex quo per originem traduxerunt omnes homines." (Summa Theologiae, I-II, q. 81, a. 1)

Pensavo avessimo finito, ma questa cosa mi piace: secondo me mi viene incontro. C'è l'uomo, c'è la donna, si amano, litigano e fanno pace. Sono imperfetti. Nessuno, si sa, è perfetto. Gli uomini e le donne meno degli altri esseri. Ma gli uomini e le donne sanno che esiste qualcosa di meglio. Per questo hanno mangiato la mela, l'albero della conoscenza del Bene e del Male. Volevano essere perfetti. Il peccato originale è voler essere un Dio. Se mi riconosco e mi accetto, come uomo e come donna, limitato e imperfetto, ma ricco di talento e col potere di amare me stesso e gli altri, posso partire alla ricerca della felicità. E la strada passa anche attraverso il peccato, partendo da quello originale.
Francesco Verderosa, spulciando san Tommaso d'Aquino