Xandaria 002.1

Capitolo 2: Il figlio della selvaggia

Parte Prima

Gil aspettava da una settimana che il suo committente si facesse vivo. Gli aveva dato appuntamento lì dicendogli di aspettarlo finché non lo avrebbe raggiunto alla locanda. Gil non sapeva che faccia avesse il suo uomo. Lo aveva reclutato per interposta persona, tramite un contrabbandiere che aveva affari in comune con entrambi: «Una volta giunto in città, prendi alloggio alla Fronda d’Oro e aspettalo lì finché una sera non ti si presenterà».

«Sì, ma io come lo pago il conto? E se non viene?», aveva protestato Gil.

«Non farti problemi» lo rassicurò l’altro «è un tipo di parola. Fai come ti dice di fare e non avrai problemi. Soprattutto di soldi. Quella è l’ultima cosa che gli manca».

«Sarà...»

Gil era ancora dubbioso. Ma non lavorava da tempo. Il contrabbando fruttava poco ultimamente e per le vie e i mercati c’era poco da taglieggiare. Aveva bisogno di un ingaggio e questa era la prima possibilità che gli si ripresentava dopo troppo tempo, ormai. Doveva correre il rischio.

Ormai Gil era ospite della Fronda d’Oro da più di una settimana. Il committente tardava a venire, ma nel frattempo aveva fatto fruttare le serate alla locanda col gioco d’azzardo. Era un baro esperto e attorno a lui aveva raccolto i giocatori più incalliti del quartiere: ogni sera venivano alla Fronda per scommettere ai dadi, spendendo il resto a bere birra e a sgranocchiare patate arrostite al pepe. Per questo Gil all’oste era molto simpatico.

Quella sera non c’era molto movimento, però. Solo in pochi erano venuti a giocare. I fatti di quel giorno avevano sconvolto un po’ tutti. Gil era seduto a bere con alcuni del posto. Avevano dimenticato la tensione del giorno affogandola nella birra e ora si ritrovavano a scambiarsi battute con gli occhi lucidi, mentre l’oste e sua figlia andavano avanti e indietro fra i tavoli.

Quando Hok e sua madre scesero, Gil era troppo impegnato a spiegare al suo vicino le regole di un nuovo gioco d’azzardo per notare la coppia.

A un certo punto si rese conto che quello che gli stava di fronte aveva smesso di ascoltarlo e fissava l’ingresso del salone. Si girò anche lui e vide un ragazzino alle prese con l’oste che gli indicava il tavolo a cui sedersi.

Dietro il fanciullo una sagoma più alta, coperta da uno spesso mantello verde cupo. Gil alzò lo sguardo per scoprirne il viso; gli mancò il fiato: era una donna bellissima.



Gli occhi di brace di Voran percorsero fino in fondo la strada che fronteggiava la locanda. Valutò l'edificio con lo sguardo di chi è abituato a pianificare stragi.

La Fronda d'Oro era una costruzione solida, aveva un solo accesso al fabbricato centrale. Le dipendenze, stalla, legnaia, magazzino, non avrebbero dato nessun vantaggio tattico: gli accessi erano sfalsati rispetto al cortile e il muro era basso, non avrebbe dato protezione agli attaccanti né avrebbe impedito la fuga in caso di assalto.

Difficile tentare un attacco diretto sfondando il portone. Soprattutto perché il solido pino che sbarrava l'accesso sarebbe stato sostenuto dalla potente energia che percepiva dall'interno della locanda, anche dal fondo della strada. La stessa energia che lo stava scrutando a sua volta dall'interno. Ormai ne era sicuro, lo avvertiva chiaramente. Le ossa del suo cranio scricchiolavano al solo pensiero.

A Sadula, Voran comandava un manipolo di otto Necrocefali. Pochi, lui era abituato a gestire intere coorti. Ma quella missione era speciale. Non c'erano eserciti umani da sbaragliare, ma qualcosa di più enorme e fatale. Un ragazzo, poco più che un bambino, in apparenza, ma dotato di un potere in grado di stravolgere il destino di Xandar. Protetto da forze in grado di annientare intere legioni in un battito di ciglia.

La mente pratica e operativa di Voran aveva stabilito di condurre l'accerchiamento in modo discreto. Drappelli di Necrocefali si erano introdotti a Sadula progressivamente, senza ostentare armi, evitando palesi spargimenti di sangue.

Egli stesso aveva preso il comando di un manipolo di Armature Nere. Doveva essere sicuro che la sua strategia funzionasse.

La città si era scoperta alla fine inerme, nei confronti di un numero sempre crescente di Necro, e il saccheggio al cimitero era stato solo il messaggio definitivo.

La truppa di guardie cittadine inviata a seguire le tracce dei predoni era scomparsa nel nulla. Solo uno di loro aveva fatto ritorno. I suoi occhi sbarrati, il suo corpo martoriato (ma risparmiato abbastanza da tenerlo in vita tanto da riportare in città il messaggio dei Necro) avevano convinto il governo di Sadula a non opporsi più alle incursioni delle Armature Nere.

In cambio, la città avrebbe avuto la garanzia di essere risparmiata. Per ora.